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LE ADOZIONI SCELTE D'AMORE DA TUTELARE
di Marisa Melis
QUOTIDIANO SARDEGNA DEL 12 maggio 2012
Una coppia di genitori si sono visti negare l’idoneità ad un’adozione internazionale perché hanno un figlio naturale disabile. I giudici di secondo grado della Corte d’Appello di Milano hanno invece dato ragione a questa famiglia. La giustificazione per il giudizio di primo grado diceva che un bimbo straniero proveniente da una situazione difficile si troverebbe male dentro un’altra situazione particolare.
Analizzando invece i fatti, si può dedurre che una famiglia con un figlio disabile (in questo caso la sindrome di Dravet cioè un’epilessia rara), è idonea ad “essere adottata” da un bimbo straniero, perché conosce benissimo i problemi veri della vita.
Questi genitori, hanno acquisito un bagaglio di esperienze, che li ha fortificati psicologicamente. Sono persone che affrontano ogni giorno tante difficoltà perché il loro figlio conduca una vita il più possibile felice e gratificante. Affrontata l’emergenza, il pensiero di ogni genitore è quello di trovare occasioni di divertimento e distrazione per cancellare lo stress di un crisi epilettica.
Dunque è una famiglia collaudata ad affrontare le emergenze. Si troveranno logicamente a gestire almeno in una prima fase dell’adozione, una situazione importante, perché dovranno entrare in sintonia, usando tutte le strategie che potranno mettere in campo per farlo sentire persona attiva della loro famiglia.
Come si comporta una normale famiglia che ad un certo punto ha un bimbo con problemi di salute ed altri che stanno bene? Come vivono? Si seguono tutti i figli con approcci diversi, i genitori si alternano anche con l’aiuto di terze persone per seguirli nelle loro attività giornaliere.
Intanto negando l’adozione per un bimbo straniero ad una famiglia con un disabile si sta andando contro la Convenzione dell’Onu per le persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009, perché si impedisce ad un disabile ad avere un fratello/sorella, cioè lo si sta discriminando.
Comunque questa storia ha un lieto fine.
Questa famiglia ha un solo desiderio: “vivere” la propria vita, tribunali permettendo.
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